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20° anniversario. Resoconto sulla salute di Resoconto su reddito e salute (prima parte)

Vittorio mi telefona: «Il libro è pronto». Sono le vacanze di Natale, sono a casa, non ho niente da fare. Non ci metto niente a prendere la macchina per andare a Portogruaro. Non aspettavo nemmeno la telefonata, perché eravamo d’accordo che il libro uscisse a gennaio; «così si guadagna un anno», non ci avevo pensato.

Esattamente oggi vent’anni fa, il 28 dicembre 2002, ho Resoconto su reddito e salute in mano per la prima volta. Il colophon riporta gennaio 2003, quindi il mondo può dedicarsi ad organizzare veglioni, feste e capodanno come niente fosse. Ma io so.

Nella mia ingenuità da provinciale tutte quelle pagine con le poesie stampate, pagine rilegate assieme, averle ora in mano, mi danno un’ebbrezza che scolla dalla realtà. La gioia clamorosa, un po’ folle, che fa delirare, che scaturisce dall’aver fatto un libro; proprio io, che passo le giornate a lavorare come artigiano e non ho nemmeno finito l’università. Ma è una fiammata così, che poi passa. Ci sono le cose che succedono che te la fanno passare.

Il Vittorio della telefonata è Vittorio Anastasia, l’editore di Nuova Dimensione, marchio di Ediciclo Editore con sede a Portogruaro. Piccola casa editrice molto ben gestita, con una collana di poesia nata da poco che vanta appena due titoli. Dalla primavera ho avuto diversi incontri con Vittorio e Stefano Moro, che allora si occupava di grafica e impaginazione, per definire contratto, dettagli dell’edizione, copertina e bozze. Incontri che ricordo con molto piacere. Ho sempre avuto la sensazione di essere capitato in buone mani. Gian Mario Villalta come al solito ha visto bene: è stato lui a propormi di pubblicare con loro.

Villalta ha seguito lo sviluppo della mia scrittura nei due anni precedenti. Capita di vedersi o sentirsi spesso per un motivo o per l’altro, e quando verso la metà del 2001 ho avuto la consapevolezza che una raccolta organica stava prendendo forma, ne abbiamo parlato. Mi ha detto che la collana di Nuova Dimensione, da lui diretta, faceva al caso mio. Non mi è nemmeno passato per la testa di proporre la raccolta a qualcun altro; volevo lavorare con persone di fiducia (com’è successo poi per Darwiniana e Antibiosi), che sapessero consigliarmi, come Villalta appunto, Vittorio Anastasia e Stefano Moro.

Lo stesso vale per le altre due persone che mi hanno permesso di uscire con il libro esattamente come lo volevo: Umberto Fiori e Guido Guidi.

Quando Villalta disse che serviva una prefazione entrambi fummo d’accordo sul nome di Umberto Fiori. Avrei potuto chiedere a lui, e così feci. La semplicità con cui tutto è avvenuto ora mi fa sorridere un po’ malinconico, ora che anche la minima cosa pare difficile. Ero in uno stato di grazia.

Rimaneva da definire la copertina. Non ricordo la data esatta ma tra maggio e giugno del 2002 sono stato invitato a leggere qualche poesia allo Spazio Antonino Paraggi a Treviso. Bellissima sede, ospitalità esemplare. Era (dico era perché dal 2018 non esiste più) un’associazione culturale che si occupava principalmente di fotografia. L’Associazione Spazio Paraggi nasce nel 1997 per iniziativa di Nicola Giuliato e Alberto Munari, un fotografo e un avvocato. Bene, prima della lettura io e Giovanni Turra approfittiamo per vedere l’esposizione in corso: alle pareti ci sono le foto di Strada Ovest 04.02 di Guido Guidi. Una folgorazione. Anzi: un’agnizione. Proprio pochi giorni prima l’editore mi aveva chiesto se avevo pensato all’immagine da usare in copertina. La cosa mi preoccupava e mi metteva stranamente in soggezione, perché primo: non avevo idea di cosa potesse star bene con le poesie senza essere didascalico, e secondo: non volevo una foto “poetica”.

«La Strada Ovest è un luogo pregnante di Treviso, simbolo dell’espansione oltre le mura storiche di una delle città più ricche d’Italia, che vanta indici altissimi di crescita economica e di sviluppo industriale. Strada ampia e caotica, che alterna concessionarie a centri commerciali, distributori di benzina ed orribili palazzi a grandi negozi, la Strada Ovest, frazionata dai numerosi semafori ed intersezioni con altre vie minori, è uno spazio dove si transita, ci si ferma pochissimo e perciò ricco di segni – rifiuti di questo passare frenetico. È da qui che inizia l’intervento dell’artista. Guido Guidi (Cesena 1941) è una personalità di fama internazionale. Ha esposto alla Biennale di Venezia, al Pompidou di Parigi, al Guggenheim di New York. Dal 1998 insegna all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e dal 2001 è docente del Laboratorio di Fotografia presso il corso di laurea specialistica in Arti Visive allo IUAV di Venezia. Con il suo stile calibrato sul dettaglio, concentrato sul fatto formale puro, fissa ciò che nessuno nell’ossessione quotidiana vede: la cordonata che delimita un’aiuola incolta, una lattina schiacciata, la fessura di un muro, un segnale stradale, un tombino, la pagina accartocciata di un fumetto erotico. Guido Guidi raccoglie e compone in rigorose strutture compositive queste tracce di una realtà anonima, in cui l’umano è assente, fuggito via; lo sguardo dell’artista si ferma e torna indietro, rigorosamente scruta l’asfalto e la plastica, il cemento ed il legno, la ruggine come forma e texture; un minimale verso poetico sembra comporsi ai margini del vuoto» (Stefano Coletto, in Exibart, 23 maggio 2002).

Di fronte a un paio di fotografie chiedo immediatamente informazioni ad Alberto Munari, fondatore e curatore dello Spazio Antonino Paraggi, che nei giorni seguenti mi mette in contatto con l’artista. Scrivo un’e-mail a Guidi e poi ci sentiamo al telefono. Devo faticare non poco per convincerlo a concedermi, gratis, la foto per la copertina del libro; chiede, com’è giusto che sia, un riconoscimento economico, mi ricorda quanto sia costato l’impiego di sue fotografie in casi simili al mio. Non ho nulla da obiettare. Solo che quei soldi da spendere per la copertina non ce li abbiamo. Credo di averlo mosso a compassione (ah i poveri giovani poeti, poveri e poeti soprattutto) più che convinto di quanto il mio lavoro fosse in qualche modo paragonabile al suo. Il fatto che gli prometta di non farlo sfigurare accanto ai miei versi deve sembrargli uno slancio puerile.

Alla fine, riluttante, mi chiede a quale immagine stessi pensando: glielo dico e gli spiego ancora una volta il perché. Guidi acconsente. L’ultimo tassello va a posto. Metto giù la cornetta e sono la persona più felice sulla crosta terrestre: quella foto è assolutamente incredibile, magnifica. Sembra scattata apposta per me e il bello è che non ha nulla di poetico: tira dritto, impietosa, con una sottilissima vena ironica umorale che mi sfiora delicatamente il cuore senza la pretesa di volerlo stringere e vincolare.



Guido Guidi, Strada Ovest 04.02, Linea di Confine 2002



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